VERONA

Adagiata tra due anse dell’Adige, circondata a nord-est dagli ultimi rilievi prealpini digradanti verso la pianura, è la seconda città del Veneto per consistenza economica, grazie anche alla posizione allo sbocco della via del Brennero che ne ha fatto uno dei principali nodi d’interscambio con i paesi d’oltralpe; ma è stata anche mediatrice “storica” tra Veneto e Lombardia, regioni con le quali tiene tuttora ampi rapporti di scambi economici e culturali. Piazza delle Erbe Affollata dal tipico e variopinto mercato, è il risultato della progressiva riduzione, in epoca comunale, del vasto spazio del foro romano. Furono soprattutto gli interventi di età scaligera a conferirle l’aspetto attuale (venne ampliato il palazzo del Comune, ricostruita la “Domus Mercatorum” ed edificata la “Domus Bladorum”) e, come polo economico, ha calamitato lungo il proprio asse maggiore i simboli celebrativi veronesi. Da sud-est a nord-ovest si allineano: la colonna del Mercato, edicola gotica del 1401 con le insegne viscontee; la cinquecentesca berlina, baldacchino per le investiture pubbliche; la fontana di Madonna Verona, sistemata intorno al 1368 recuperando e integrando una statua romana mutila dal vicino “Capitolium”, che celebra contemporaneamente il ripristino dell’acquedotto cittadino e l’antico passato; la colonna di San Marco (1523), il cui leone è un rifacimento di fine ‘800. All’angolo con via Mazzini spiccano le fronti delle case-torri, avamposto del Ghetto demolito nel 1924, quindi la porticata “Domus Marcatorum” (1301 ma rinnovata nel 1878), con grandi bifore e merlatura, che fu voluta dai della Scala per le magistrature commerciali e le corporazioni artigiane. Oltre piazza IV Novembre seguono alcune case rinascimentali, in parte sulle fondazioni della Curia romana, che nascondono affreschi del ‘500. Domina la piazza l’alta torre del Gardello o delle Ore (1370), ma sullo stesso lato spicca anche il palazzo Maffei, certamente il più scenografico degli interventi “moderni”, poggiante sui resti del “Capitolium”. Sul lato nord-orientale sono le case dei Mazzanti, riduzione della “Domus Bladorum” operata nel 1515-29 (il portico risale al 1480); le facciate sono ornate da affreschi (Allegorie dell’Ignoranza, dell’Invidia, della Carità e del Buon Governo) di Alberto Cavalli (1530 circa). Chiudono il periplo della piazza la “Domus Nova” e la facciata minore, ottocentesca, del palazzo del Comune, uniti dall’arco della Costa che prende nome dall’osso di cetaceo sospeso. Piazza dei Signori Costituisce uno degli esempi più eloquenti di immagine del potere tradotta in termini architettonici nonostante il lasso di tempo che intercorre tra la realizzazione delle varie parti, l’insieme risulta armonico e compatto. Al centro è il monumento a Dante (1865). Sulla destra, il palazzo del Comune o della Ragione (fine XII secolo) ebbe la facciata, con trifore romaniche e coronamento ad archetti, rimaneggiata nel 1524 con l’aggiunta delle finestre a lunette e frontoni; il cortile interno, romanico e detto Mercato vecchio, presenta arcate a tutto sesto sormontate da trifore (la scala è del 1446-52); il palazzo ingloba l’alta torre dei Lamberti, iniziata nel 1172 e completata nel 1464 con l’aggiunta della cella campanaria. Il palazzo del Capitanio fu costruito nel 1363 circa su un complesso di precedenti case-torri. Sul lato (XVI secolo) che guarda la piazza apre un bel portale di Michele Sanmicheli; nel cortile, sulla destra è la loggia Barbaro (1476), opposta alla quale la porta dei Bombardieri è una curiosa costruzione del 1867. Sant’Anastasia Maestoso edificio gotico voluto dai Domenicani, fu costruito nel 1290-1481 e restaurato a fine XIX secolo. Spicca sulla facciata incompiuta lo splendido portale gemino a marmi policromi, con rilievi sull’architrave e affreschi (secolo XV) nelle lunette; il rivestimento marmoreo ai lati è del 1522. Sulle absidi poligonali, rivolte all’Adige, svetta il campanile (1481). Nell’interno a tre navate si è attratti dall’effetto creato dal transetto e dalla absidi, la maggiore delle quali riceve luce da due ampie monofore; le volte a crociera sono decorate con motivi vegetali e figure di santi; la decorazione pavimentale, in marmo, fu iniziata nel 1462 da Pietro da Porlezza. In controfacciata, oltre al Concilio di Trento di Biagio Falcieri, a destra è un’arca con rilievi del secolo XIV-XV; alle prime due colonne sono le curiose acquasantiere dette dei Gobbi, del ‘500. L’altare Fregoso di Michele Sanmicheli ha statue di Danese Cattaneo; negli affreschi del 3° altare destro compaiono santi (deteriorati) e, nella lunetta, una Deposizione di Liberale da Verona; sulla parete dopo il 4°, Assunzione della Maddalena e le Ss. Caterina e Toscana ancora di Liberale; segue la gotica cappella del Crocifisso (1458), con un Crocifisso ligneo del XV secolo. Nel transetto destro, alla parete destra è la gotica tomba Nichesola con affreschi molto deteriorati di fine ‘300; a quella di fondo, presso l’altare di San Tommaso d’Aquino, una Madonna col bambino in trono tra i Ss. Tommaso d’Aquino e Agostino e i coniugi Centrego committenti di Girolamo dai Libri. Tra le cappelle absidali di destra merita soprattutto la Cavalli (1°), che racchiude un grande affresco (i Ss. Giorgio, Martino e Jacopo raccomandano alla Madonna persone della famiglia Cavalli, circa 1370) di Altichiero, la tomba di Federico Cavalli e una statua di San Geminiano del Maestro di Sant’Anastasia. Nella 2° (Pellegrini), sopra l’arco trionfale è stato ricollocato l’affresco di Pisanello con San Giorgio che parte per liberare la donzella dal drago, ma si notino anche le 24 scene della vita di Gesù, in terracotta, di Michele da Firenze (1435) e, sui pilastri, i quattro apostoli di scuola del Mantegna. Nel presbiterio, sulla parete destra è un affresco (Giudizio universale) del XIV secolo, a sinistra il sepolcro di Cortesia Serego (1424-29) attribuito a Nanni di Bartolo: gli affreschi (1432) di Michele Giambono sono notevoli esempi di gotico internazionale. All’altare della 1° cappella absidale sinistra (Lavagnoli), scultura policroma del Maestro di Sant’Anastasia. Nella 2°, due affreschi di Giovanni Badile e di altri (santi) di Bonaventura Boninsegna e Martino da Verona. Nel transetto sinistro, San Paolo, San Dionigi e la Maddalena con devoti di Francesco Morone. Una porta ogivale quattrocentesca segna l’ingresso alla cappella Giusti (1452). Nella navata sinistra sono da segnalare la cappella del Rosario (1586-96), il monumento funebre di Francesco Miniscalchi (1952) e il bell’altare dei Miniscalchi con una Pentecoste di Nicolò Giolfino (1518). Piazza Bra’ Il centro della vita sociale veronese, è di definizione “recente”, essendo stata riqualificata tra il 1770 e la metà del XIX secolo. In questo lasso di tempo venne creato il “liston”, inserito il Museo lapidario maffeiano e costruiti o rinnovati gli edifici che vi prospettano. Il palazzo Guglienzi, del ‘400, conserva una Madonna col Bambino di Francesco Morone, il palazzo degli Honorij poi Guastaverza è di Michele Sanmicheli (1553-54). Il lato opposto della piazza è chiuso dall’edificio neoclassico della Gran Guardia Nuova, sede del Municipio. Su quello sud, con le mura comunali riutilizzate dai della Scala e poi da Gian Galeazzo Visconti come limite settentrionale della Cittadella, s’impone il palazzo della Gran Guardia, iniziato nel 1610 ma terminato nel 1836: il piano inferiore a bugnato, che reimpiega pietre dell’Arena, è porticato. Accanto sono i portoni della Bra’ (1480), due grandi arcate a tutto sesto sul luogo di una porta d’età comunale, dietro i quali si leva la torre pentagonale. Segue il complesso formato dell’Accademia filarmonica, dal Teatro filarmonico d’ispirazione palladiana e dal Museo lapidario maffeiano, per il quale nel 1745 venne aggiunto, su progetto di Alessandro Pompei, il chiostro dorico d’impronta classicheggiante. Fu Scipione Maffei a volere il museo, per dare degna sistemazione a una collezione lapidaria del ‘500 da lui stesso accresciuta. Nel cortile che precede il pronao, rilievi funerari veronesi e fronti di urne etrusche sono l’unico residuo dell’allestimento maffeiano; nel sottosuolo, reperti di gran mole, iscrizioni veronesi e del Garda; al primo piano, stele funebri e sculture greche (dal V al II a.C.) reperti romani, etruschi e paleoveneti, sarcofagi e rilievi funerari sono al secondo piano. Arena Il terzo anfiteatro d’Italia per grandezza (è capace di ben 25.000 posti) è uno dei monumenti simbolo della città, e dal 1913 sembra rivivere una seconda vita, essendo sede di una stagione lirica estiva di prestigio internazionale. Costruito nei primi decenni del I secolo a.C. appena fuori le mura, della cinta esterna resta la cosiddetta ala nord, quattro arcate a tre ordini con lesene e cornici di stile tuscanico; ancora intero è il secondo anello, a due ordini di 72 arcate, mentre le 44 file di gradini della cavea ellittica, alta 30 m, furono alterati nella posizione già nel ‘500.

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